Le auto a Gpl rappresentano l’8,6% del parco auto circolante italiano nel 2024. Secondo i dati raccolti da Assogasliquidi-Federchimica e Unrae, nel 2023 si contavano 3,032 milioni di veicoli a Gpl, di cui 2,600 sono autovetture. Ad oggi, considerando il periodo gennaio-maggio 2024, sono state immatricolate 62.942 auto a Gpl, rappresentando l’8,6% del mercato totale. In questi numeri sono comprese anche le auto riqualificate, ossia veicoli a combustione tradizione a cui è stato modificato il motore per adeguarlo all’alimentazione a gas. Il retrofit è ad oggi sempre più diffuso anche grazie agli incentivi statali ad esso dedicati. Per chi dovesse pensare di acquistare un veicolo con questa alimentazione, la scelta può considerarsi varia: ad oggi sul mercato esistono 51 modelli per un totale di 141 allestimenti. Il principale motivo per cui si sceglie un veicolo alimentato a gas è la riduzione dei costi al momento del rifornimento, dato che il Gpl costa circa la metà rispetto al carburante tradizionale. Cosa frena quindi gli utenti dal fare il salto verso questo tipo di combustibile? I fattori non sono pochi: oltre ai dubbi ancora molto diffusi sulla sicurezza, le limitazioni riguardo all’assenza del servizio self-service e alla carenza dei distributori in Italia sono i motivi che allontanano i guidatori da questa scelta. Ma è davvero così, o sono soltanto miti? Ecco quindi un approfondimento sul mondo del Gpl, dalla sua composizione al suo funzionamento, fino alle normative attualmente vigenti sul suo utilizzo e somministrazione,
COME FUNZIONA UN MOTORE A GPL
Il sistema di un’auto a Gpl è composto da un motore a iniezione simile a quello tradizionale e da due serbatoi, uno per il gas e uno per la benzina. Il gas viene stoccato nel serbatoio ancora nel suo stato liquido: prima di essere immesso nelle camere di combustione del motore ritorna nel suo stato gassoso grazie all’aiuto di un riduttore. Come detto prima, il Gpl resta nel suo stato liquido grazie al processo di compressione: il riduttore, come dice il nome, serve a ridurre gradualmente la pressione per far sì che torni nel suo stato gassoso. Il sistema di conversione appena spiegato non può funzionare al di sotto di una determinata temperatura: per questo motivo il motore deve essere avviato con l’aiuto di un piccolo quantitativo di benzina. Quindi una volta accesa la macchina al motore verrà iniettata automaticamente della benzina: una volta raggiunta la temperatura corretta (questione di qualche minuto), il sistema passa all’utilizzo del Gpl.
Uno degli aspetti negativi più conosciuti nel settore delle auto a Gpl è l’impossibilità di poter fare rifornimento in autonomia: l’assenza del servizio self costringe dunque gli utenti a fare il pieno con l’assistenza di un operatore, di conseguenza nei giorni e negli orari lavorativi. Questo impedimento è dovuto a un fattore di sicurezza: durante il rabbocco del Gpl possono verificarsi delle complicazioni dovute alla bassissima temperatura e all’elevata pressione del Gpl nel suo stato liquido, non tanto per il veicolo o per il distributore quanto per l’utente che se ne sta occupando. Ciò che non è comune è che il vincolo del self-service non proviene da un divieto delle normative vigenti: il Dpr del 24 ottobre 2003 nº 340, successivamente modificato nel 2014, prevede infatti la possibilità di effettuare il rifornimento self service di Gpl. Secondo una nota di Assogasliquidi-Federchimica, associazione rappresentante dei distributori di gas liquefatti, “sebbene possibile da un punto di vista normativo, attualmente non sussiste l’applicazione pratica della norma per via di alcune questioni di natura tecnica in fase di risoluzione in coordinazione con il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco”. Il fatto che non si possa usufruire del servizio self non è quindi dovuto ad un divieto normativo, che invece lo consente, bensì dalla mancanza di attrezzature e di pompe adeguate ai criteri di sicurezza imposti dal reparto prevenzione incendi. “L’associazione auspica che si possa giungere a breve all’emanazione delle norme relative per consentire ai consumatori il pieno utilizzo della modalità self”, dichiara l’azienda.
Ad oggi, il Decreto Ministeriale del 2002 autorizza il parcheggio dei veicoli a Gpl a una quota massima di 6 metri sotto al suolo: per quanto riguarda le autorimesse e i parcheggi sotterranei si parla del primo piano interrato (-1 nel gergo comune). Anche questo impedimento è dovuto a questioni di sicurezza. Il Gpl, a differenza del metano, ha una densità maggiore dell’aria: ciò significa che in caso di una perdita, il gas si propagherebbe al livello del suolo e in tutte le fessure circostanti. Una volta stagnato a terra, invece di disperdersi nell’ambiente il Gpl si accumula, creando delle aree ad alto livello di infiammabilità: basterebbe un piccolo innesco, come il mozzicone di una sigaretta, per provocare un incendio e una conseguente esplosione. Questo rischio non deve però instaurare timore: i sistemi a Gpl moderni sono dotati di valvole di sicurezza che chiudono ermeticamente il serbatoio del gas liquefatto una volta che il veicolo viene spento, per prevenire eventuali perdite. Se l’auto viene revisionata a dovere e il serbatoio sostituito a regola ogni 10 anni, il pericolo si riduce al minimo possibile. Nonostante gli sviluppi sulla sicurezza, la norma risulta comunque restrittiva, probabilmente perché in caso di incendio i Vigili del fuoco sarebbero più agevolati ad accedere al -1 di un parcheggio e ad intervenire tempestivamente piuttosto che nei piani più interrati.
I distributori di Gpl nel nostro Paese sono 4.611 e hanno una ripartizione geografica che si può considerare equilibrata. La regione con la maggior quantità di distributori è l’Emilia Romagna, che ne conta 505; seguono la Lombardia con 503 e il Lazio con 450. Anche le isole sono ben fornite, con la Sicilia che conta 238 distributori, 88 invece per la Sardegna. In fondo alla classifica si trovano la Liguria con 39 distributori, il Molise con 36 e infine la Valle d’Aosta che ne conta solo cinque.
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p.a. Nunzio Costa